Chi sono

Mi chiamo Andrea Porcile e sono nato nel 1963.
Vivo con moglie e figli in un minuscolo paese del nord-est dell'Italia, molto vicino alla Repubblica di Slovenia.
Mi sono diplomato come tecnico industriale metalmeccanico, ma per passione ho sempre lavorato il legno, sia come falegname che come restauratore di antichità. Ho iniziato a restaurare i primi mobili all'età di 14 anni, e continuo a farlo. Per professione, dunque, restauro mobili e collaboro con un'azienda che produce mobili d'arte.
Nella mia vita ho anche sempre fatto il musicista, per la precisione cantante, anche come professionista. Sono inoltre appassionato di storia, di archeologia, e di non so quant'altre cose.

 


 

Ho vissuto l'infanzia e l'adolescenza circondato da un mondo splendidamente colorato che ha inevitabilmente plasmato la mia psiche e il mio senso estetico. Il trentennio che va dal 1950 al 1980  in Italia è stato a mio parere un secondo rinascimento, per quanto riguarda pensieri, forme, colori, contenuti. Poi, di colpo,  i colori sono scomparsi dalle nostre vite, e con loro le cromature, gli pneumatici bicolori, i flipper, i juke box, i vestiti variopinti come livree di farfalle, Eravamo entrati nel buio tunnel degli anni 80. Automobili, abiti, borse, oggetti d'uso quotidiano divennero improvvisamente opachi, neri, grigi. Si inventarono nomi fantasiosi per definire quei non-colori: "antracite", "micaceo", "canna di fucile", "verde petrolio". Si vestirono di scuro anche i musicisti, e divennero scuri e opachi persino gli apparecchi che riproducevano la loro musica. Le superfici verniciate divennero "matt", la musica si fece "dark" e le trasparenze cristalline si trasformarono in "opaline". Un disastro che durò quasi un ventennio.

In questo stato di permanente privazione sensoriale scoprii quanto riuscivano a commuovermi gli oggetti tecnologici degli anni 50 e 60. Colorati, cromati, gagliardi, espressivi, audaci, decisi. Sì, decisi. Mi infondevano calore e coraggio. Mi facevano rivivere quel vago senso di "venerazione" che i miei genitori provavano verso gli elettrodomestici acquistati con impegno e fatica, simile a quella che oggi proviamo nei confronti di gadget come l'iPhone. E cominciai ad affezionarmi a questi oggetti, quasi fossero la mia nuova droga.

 

 

Così cominciai a circondarmi di radio, aspirapolvere, ferri da stiro, ventilatori, frullatori, giradischi… Una quantità di oggetti che cominciò ad assomigliare troppo a un mucchio disordinato, una sorta di ciarpame. Troppo. Ogni medicina va ragionevolmente dosata.
Iniziai a disfarmi di molti di questi oggetti, ma gli aspirapolvere non se ne volevano andare.
Non c'era niente da fare: erano gli oggetti più belli, con più accessori, più cromati, e poi… mi ricordavano tanto il lavoro più bello fra quelli che mia madre mi assegnava da ragazzino: passare la lucidatrice sui pavimenti. Ricordo bene che quando accendevo la AEG "Lucyrette" (che oggi fa parte della mia collezione) immaginavo, passandola nei vari ambienti, di essere un archeologo al lavoro con il metal-detector fra le tombe egizie.

 

 

E così, con questo spirito ludico iniziai, con incoscienza e ignoranza – come succede a tutti i collezionisti neofiti – a raccogliere esclusivamente aspirapolvere.
Mi resi conto da subito che la storia dell'aspirapolvere corrisponde alla storia della tecnologia e del design, e ciò mi diede uno stimolo anche sul piano intellettuale, oltre che su quello emotivo.
Il diletto del collezionista curioso infatti non consiste solo nel trovare e raccogliere determinati oggetti, ma anche e soprattutto nel riuscire a raccogliere la maggior quantità possibile di informazioni sugli oggetti stessi.
Ad esempio ci si può fermare all'assunto "la calotta di questo aspirapolvere è fatta di bachelite". Ma ci si può anche chiedere, all'infinito: che cos'è la bachelite? Di quali sostanze è composta? Quali sono le sue caratteristiche chimiche, fisiche e meccaniche? Chi l'ha inventata e quando? In quale periodo è stata utilizzata? Quali tecnologie si impiegano per produrla? E così via…
Questo esempio vale chiaramente per tutti gli aspetti relativi all'argomento "aspirapolvere":
Studiare la storia della Siemens o dell'AEG significa in fondo studiare insieme la storia dell'elettromeccanica e la storia dell'industria tedesca.  In buona sostanza credo che questa attività di collezionismo mi abbia stimolato, e per certi versi costretto, a studiare molto e a raccogliere informazioni approfondite su argomenti anche vasti e importanti.

 

 

Inizialmente da un lato è stato economicamente agevole scovare un discreto numero di oggetti (negli anni 90 eravamo pochi al mondo a raccoglierne e quindi non avevano valore di mercato) ma dall'altro è risultato abbastanza difficile vista la scarsa reperibilità. Ancora oggi gli antiquari e i rigattieri non considerano, se non raramente, gli aspirapolvere oggetti degni di essere commerciati, e al tempo stesso nelle case private gli aspirapovere "obsoleti" vengono rottamati come oggetti inutili, o usati in modo inadeguato fino alla loro distruzione.

 

 

Molti oggetti vintage – come una bella radio, una macchina fotografica, un orologio – di solito non si gettano via, in quanto mantengono un'aura di "preziosità"; ma questo non è il caso degli aspirapolvere. Per questo, non è facile trovare un aspirapolvere che abbia più di cinquant'anni.
La mia salvezza (e la mia condanna!) è stata la connessione internet... Con eBay e siti simili il mercato privato è diventato globale e le probabilità di trovare quel che si cerca (così come quello di cui non si immaginava nemmeno l'esistenza) si sono ampliate a dismisura.

Internet è stato senza dubbio lo strumento grazie al quale la mia collezione è decollata e continuerà a crescere, e soprattutto è stato lo strumento che mi ha consentito di accedere  alle informazioni sugli oggetti, alla storia delle molte aziende produttrici e dei rispettivi modelli.

Con senso di gratitudine verso la comunità online ho così deciso di offrire anch'io un contributo, mettendo in rete i materiali e le informazioni in mio possesso, cercando così di partecipare alla diffusione della conoscenza, pur se limitata a un argomento condiviso da pochi appassionati.